Sono note per essere la forza vitale dell’India e si stanno rivelando gradualmente. Sono le donne indiane.
L’India è il quarto Paese al mondo in campo agricolo. Gli ettari di terra agrabile sono quasi 180 milioni, di cui 140 sono costantemente coltivati. Eppure, la perdita di biodiversità è diventata una delle preoccupazioni maggiori per la sostenibilità e per la sicurezza alimentare del settore agricolo indiano.
Secondo uno studio della FAO ― l’organizzazione delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura ― nel corso di un anno, in una fattoria da un’ettaro nella regione dell’Himalaya, un toro lavora per 1064 ore, un uomo per 1212 e una donna per 3485 ore. Bastano queste cifre a illustrare il contributo fondamentale delle donne alla produzione agricola.
In India, dove il sistema patriarcale è profondamente radicato, solo il 13% dei terreni agricoli è di proprietà di una donna, anche se da secoli la nazione celebra la festività del raccolto, “Lohri”, o “puja navadhanya”, che si è poi tradotta nella venerazione dei nove cereali, ed entrambe le cerimonie glorificano il ruolo della donna nell’agricoltura e la sua fertilità, l’importanza dell’ambiente e della biodiversità.
Ma i dati stanno cambiando. Positivamente. Diversi stati stanno dando ascolto alle voci che promuovono la parità di genere e lo stesso diritto per uomini e donne a possedere terreni, soprattutto perché le donne sono pesantemente coinvolte nelle attività di semina, raccolto e gestione delle fattorie. In effetti, oltre all’aratura dei campi, non ci sono attività nella produzione agricola che non le coinvolgano.
Il legame tra contadine e salute dell’ambiente è ora riconosciuto come cruciale per il sostentamento e la sopravvivenza. L’importanza del rapporto tra le donne e la terra si riflette anche nella loro conoscenza delle varietà di piante.
Il dado è stato tratto nello stato di Odisha, dove si è assicurato il diritto fondiario alle donne. Questo significa che migliaia di donne single hanno ricevuto un appezzamento di loro proprietà. Storicamente, le donne potevano ricevere della terra se vivevano da sole ma, tradizionalmente, le donne vedove o abbandonate dal marito o non sposate rimanevano a stare nella famiglia allargata, cosa che non le rendeva qualificabili a ricevere un appezzamento.
Sebbene la maggior parte della forza-lavoro femminile sia impiegata nel settore agricolo, poche donne hanno diritti fondiari. In molte regioni dell’India le donne lavorano la terra giorno e notte senza avere alcun diritto di proprietà, che solitamente appartiene agli uomini della famiglia.
Per secoli, discriminazioni di genere si sono inserite ad ogni livello: le donne controllano tutti gli aspetti del lavoro in un’azienda agricola ma non sono considerate al pari degli agricoltori. Lavorano duro in campi che non possiedono. Sono essenziali durante il raccolto, ma sono gli uomini che controllano le vendite e i profitti.
Tuttavia, si sta diffondendo un grande spirito di solidarietà e donne in diverse regioni dell’India ricevono il supporto di organizzazioni non governative ed altre associazioni per diventare indipendenti investendo nell’agricoltura.
Sebbene la maggior parte della forza-lavoro femminile sia impiegata nel settore agricolo, poche donne hanno diritti fondiari.
Ad esempio, nella piccola regione del Sundarbans, Rita Kamila è già conosciuta per essere riuscita a integrare pesce e bestiame nella sua fattoria usando principi ecologici, anche grazie al supporto dell’associazione Development Research Communication and Service Center, che riceve donazioni dal Global Fund Greengrants per assicurare la sussistenza alimentare delle aree rurali.
Rita Kamila ha anche installato un biodigestore che genera combustibile da cucina grazie ai rifiuti agricoli e al letame, che vengono convenientemente riciclati e utilizzati come fertilizzante.
Come Rita Kamila, altre contadine indiane sono supportate e incoraggiate a condividere con il gruppo le proprie conoscenze, le proprie sementi e a imparare a pratiche agricole sostenibili ed organiche.